Diyarbakır, il racconto millenario
Mentre ci avviciniamo alla spianata che domina il bacino superiore del Tigri, ci troviamo davanti a un paesaggio culturale unico: la Fortezza di Diyarbakır e i Giardini di Hevsel. Questo luogo straordinario ha attraversato millenni di storia, accogliendo civiltà e culture diverse, dai tempi ellenistici e romani fino al periodo ottomano e all’età contemporanea. Passeggiando lungo le mura della città – un’imponente struttura lunga ben 5,8 chilometri – possiamo osservare torri, bastioni, iscrizioni e porte che raccontano le tante trasformazioni subite nel corso dei secoli. Ai piedi di queste antiche fortificazioni, si estendono i Giardini di Hevsel, un’oasi verde che unisce la città al fiume Tigri. Un tempo, erano fondamentali per la sopravvivenza degli abitanti, fornendo acqua e cibo. Oggi, ci raccontano di una connessione profonda tra natura, città e civiltà.
Storia scolpita nella pietra
Camminando lungo i bastioni, notiamo come le mura non siano semplicemente opere difensive, ma veri e propri documenti in pietra. Le iscrizioni incise in epoche diverse, insieme alle riparazioni e aggiunte visibili in molti punti, sono testimoni materiali della lunga storia della regione. Dai Romani ai Bizantini, dagli Arabi agli Ottomani, ogni popolo ha lasciato un segno. Tra gli elementi più significativi, ci sono l’İçkale – la cittadella interna –, la cinta muraria esterna (Dışkale), le torri di osservazione, i ponti monumentali come quello “dai dieci occhi” e, naturalmente, i giardini. La possibilità di ammirare le mura nel contesto urbano e naturale, così come l’interazione con le risorse idriche del Tigri, rafforza l’importanza culturale di questo luogo.
Fragilità e sfide
Anche se la maggior parte delle strutture è sopravvissuta fino ai giorni nostri in condizioni soddisfacenti, ci accorgiamo di alcune fragilità. Parti delle mura sono state demolite negli anni ’30 del Novecento e alcuni interventi di restauro recenti non sono stati sempre eseguiti con criteri rigorosi. I Giardini di Hevsel, sebbene ancora fertili, subiscono pressioni da insediamenti abusivi, attività economiche non regolamentate, problemi di drenaggio e dalla deviazione delle acque del Tigri a causa di dighe. La zona di protezione è stata definita, ma resta vulnerabile.
Lo sviluppo urbano, infatti, rischia di compromettere sia il sito principale sia le aree circostanti.
È chiaro che per mantenere l’integrità del sito, servono politiche di gestione efficaci e coordinate.
Un racconto che resiste al tempo
Nonostante il passare dei secoli e il mutare delle funzioni, la fortezza continua a circondare il cuore della città storica. Percorrendo l’anello murario di 5,8 km, possiamo ancora percepire la solidità originaria, riconoscere i materiali utilizzati, la struttura e il disegno complessivo. La loro autenticità è tangibile, anche se per garantire questa percezione nel tempo, sarà fondamentale migliorare la documentazione dei restauri effettuati.
Anche i Giardini di Hevsel conservano il loro legame storico con la città. Attraversandoli, possiamo immaginare la vita quotidiana dei secoli passati e comprendere quanto questi spazi agricoli fossero vitali per la comunità.
Un sistema complesso da far funzionare
Durante la nostra visita incontriamo funzionari locali che ci spiegano come la gestione del sito sia affidata a numerosi enti, ognuno con compiti diversi. La Fortezza e le sue torri sono legalmente protette come “Sito Urbano”, mentre l’İçkale è classificata come “Sito Archeologico di I grado”, dove ogni intervento necessita di autorizzazione.
La tutela si estende anche ai Giardini e alla valle del Tigri, grazie a leggi ambientali e alla supervisione di ministeri e direttorati specializzati. Tuttavia, la coordinazione tra questi attori non è ancora pienamente operativa. I meccanismi autorizzativi, pur presenti, non sempre riescono a garantire un controllo coerente, specialmente nelle zone di transizione (buffer zones).
Uno sguardo al futuro
Per affrontare queste sfide, sono state delineate sette aree operative: tre per la fortezza e quattro per i giardini. All’interno delle mura, l’area Suriçi è suddivisa in zone a seconda delle problematiche conservazionistiche e della visibilità delle mura stesse. All’esterno, il territorio è diviso in base alle funzioni sociali ed economiche.
Il piano di gestione, ancora in fase di piena attuazione, prevede sei temi centrali: economia locale, conservazione del patrimonio materiale e immateriale, pianificazione, organizzazione amministrativa, gestione del rischio e formazione. La figura del Direttore del sito, supportata da una rete di comitati tecnici e consultivi, sarà centrale per coordinare le attività future.
Un patrimonio da riscoprire
La nostra visita si conclude con una consapevolezza più profonda: il sito di Diyarbakır non è solo una testimonianza del passato, ma un paesaggio culturale ancora vivo, in dialogo costante tra memoria storica e necessità contemporanee. Spetta a noi – studiosi, visitatori, cittadini – contribuire a tutelarlo e valorizzarlo, affinché anche le generazioni future possano passeggiare tra queste mura e giardini e ascoltare le storie che hanno da raccontare.